(Ri)-Tratto è una ricerca in corso iniziata da qualche anno: ritrarre molte persone ritrattando, allo stesso tempo, sull’idea di me stesso alla ricerca di una identità. L’evoluzione del genere del ritratto in fotografia insegna che esiste una reciprocità tra il soggetto ripreso e il fotografo, e che è possibile rintracciare caratteristiche dell’autore stesso nell’immagine finale, come se una parte di quest’ultimo fosse riportata fedelmente, in qualità di testimonianza visiva dell’incontro con l’altro. In questa produzione, l’esperienza ritrattistica vissuta dai due attori assume un nuovo significato, perché prevede un azzeramento totale della distanza e un’intrusione dell’autore nello sguardo dell’altro. Ogni singola immagine è prodotta da me sostituendo idealmente gli occhi di tutti i soggetti con i miei, in un’operazione di privazione, che non si traduce con la prevaricazione del mio punto di vista sugli altri, ma riguarda un discorso più ampio e complesso sulla ricerca della mia identità. Le persone riprese diventano così replicanti, moltiplicazioni di me , che guardo verso me stesso. Un atto coraggioso di fusione nell’altro, uno difronte all’altro, vicinissimi ad un passo da un abbraccio; una messa in discussione continua alimentata da dubbi e paure, un gesto ossessivo, compulsivo e ripetitivo attuato mediante la moltitudine umana e diretta verso un unico autoritratto immaginifico con l’intento di rivolgere un monito ad abbandonare il proprio punto di vista, a guardare l’altro e a guardare se stessi, riappropriandosi di quell’atteggiamento autentico, indispensabile per capire a fondo chi siamo... Per me, questo, il senso del ritratto: raccontare una storia inedita, mai vista. Ricercando un momento preciso, dove la persona che viene fotografata è nuda e si mostra completamente per raccontarti un pezzo inedito di sé ricercandomi, quasi disperatamente, in lei. Bisogna essere lì a catturarlo e farlo diventare tuo.
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